Con piacere pubblichiamo la testimonianza di una paziente ospite presso la Casa.
Non capisco come a Reggio l’Hospice abbia ancora una nomea così brutta, legata a un luogo di sofferenza, a un’industria della morte.
Quando dopo diversi ricoveri in ospedale mi hanno detto che potevo andare a casa, io ho scelto di non andare sia per non pesare sulle mie figlie sia perché avrei avuto necessità di una assistenza continuativa e la mia casa non è tanto grande.
Ho accettato di venire qui ma avevo un po’ di preoccupazione proprio per l’idea che c’è della Casa.. anche le mie amiche quando ho comunicato loro il mio trasferimento qui mi hanno ribadito che in questo luogo si viene solo per morire…
Invece mi sono dovuta ricredere.. già il primo giorno ho ricevuto una accoglienza straordinaria, tante persone che sono venute nella mia stanza a presentarsi, darmi il benvenuto.. una accoglienza inaspettata… avevo paura di trovarmi in stanza con una persona sofferente perché, non avendo dolore, sarei stata male per lei.. la stanza singola invece mi ha permesso tranquillità, l’ho anche arredata con alcuni oggetti che vengono da casa mia… poi, visto che le visite si stavano facendo tante e qualche volta mi affaticavano, con gli operatori abbiamo deciso di ridurle, chiudendo la porta e mettendo un cartello.
Io sento che mi stanno venendo a mancare le forze e sono in una condizione dove ho bisogno di aiuto – e questo non è per niente facile da accettare – ma qui mi sento assistita bene, accudita… a casa. Non importa se non sono fisicamente a casa mia, ciò che conta è la sensazione di familiarità che provo a stare qui.
So che devo morire ma adesso io sto vivendo! In quale altra struttura capita che alle 21 di sera vengano in stanza dei clown, ingaggiati per una festa che si svolgeva lontano delle stanze, per fare due chiacchiere, regalarti un sorriso e un po’ di allegria? Per il giorno del mio compleanno poi mi hanno portato un vassoio con la torta e la candelina da spegnere!
Ecco vorrei proprio che tutto questo si sapesse, perché deve cambiare l’idea di cosa è questo posto, di ciò che una persona ammalata può trovare qui, dell’ottima cura che può ricevere.