Comunicato stampa – 30 settembre 2020
“Di posti come questo ce ne dovrebbero essere di più sul nostro territorio”. In questi vent’anni di lavoro diverse sono state le occasioni in cui ammalati e familiari ci hanno restituito questo riconoscimento. Coerente, del resto, con l’ottima valutazione del servizio, di cui apprezzano la competenza, l’attenzione ai singoli bisogni, la presa in cura globale del paziente e della sua famiglia, lo sforzo nel garantire una qualità di vita dignitosa nell’ultimo tratto di cammino, il sostegno nella fase del lutto.
Osserva la Presidente Annamaria Marzi “Quello che più ci gratifica di questo riconoscimento è la presa di consapevolezza di cosa siano le Cure Palliative, delle opportunità che offrono per vivere al meglio il tempo che resta, della loro utilità ed efficacia nel controllo del dolore e della sofferenza. Da un lato, tanto rimane da fare per diffondere una maggiore e più puntuale conoscenza delle Cure Palliative, spesso erroneamente associate a interventi placebo o unicamente indicate nelle ultime ore di vita, e per lo più trascurate nella loro capacità di rispondere ai bisogni complessi della persona ammalata. D’altro canto, il dato di realtà che si impone è il bisogno di Cure Palliative per una parte sempre più ampia di popolazione. Entrambi gli aspetti orientano verso un maggiore investimento nell’offerta di Cure Palliative e in questo solco si colloca la nostra scelta di ampliamento della Casa con due posti-letto in più. Certo, un piccolo segnale che però vuole ribadire il nostro impegno e senso di responsabilità nel prenderci cura di una comunità che sta cambiando.”
Secondo gli ultimi dati ISTAT relativi al 2020, l’aspettativa di vita in Italia si attesta a 85 anni per le donne e 81 per gli uomini, un incremento consistente se pensiamo che agli inizi del ‘900 si fermava in media a 49 anni. I cambiamenti demografici in atto stanno generando profondi cambiamenti epidemiologici, legati al progressivo e crescente invecchiamento della popolazione, da cui deriverà un grande incremento dell’incidenza delle patologie croniche degenerative. A questo si aggiunge l’evoluzione dei contesti socioeconomici marcati da crescenti livelli di povertà e fragilità delle reti sociali che generano pesanti diseguaglianze nell’accesso ai servizi sociosanitari, lasciando sconfitto sul terreno il diritto alla salute di ogni cittadino/a.
Seguendo tale evoluzione, negli ultimi anni il concetto stesso di cure palliative è cambiato, portando a definire i pazienti che possono giovarsi maggiormente delle cure palliative specialistiche non più in base alla loro prognosi, ma alla complessità dei loro bisogni, indipendentemente dalla diagnosi.
In Italia, sulla base dei dati di letteratura , si stima, che ogni anno muoiano fra le 450.000 e le 500.000 persone adulte con bisogni di Cure Palliative nel loro ultimo periodo di vita. Questi bisogni, secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, vedono una proporzione del 40% relativo a malati oncologici e del 60% relativo a malati non oncologici. Considerando che fino ad oggi le Cure Palliative sono state associate principalmente a patologie oncologiche, è evidente quanto l’attuale livello di copertura sia inferiore al reale bisogno .
“Di fronte a questo scenario – interviene la Direttrice del servizio dr.ssa Mirta Rocchi – la Casa Madonna dell’Uliveto e l’AUSL di Reggio Emilia, alla firma della nuova convenzione e in linea con la Legge 38/2010 che prevede l’accesso alle Cure Palliative in base ai bisogni e non alla diagnosi, non hanno avuto dubbi nel formalizzare la disponibilità del servizio Hospice anche per pazienti non oncologici. A ciò si aggiunge un grande impegno nell’offrire il nostro contributo al processo di rafforzamento della Rete di Cure Palliative locale, di cui l’Hospice è un nodo, con l’obiettivo di rendere la richiesta e l’accesso a queste cure più diffuso a livello territoriale. Perché prendersi cura delle persone, nella loro specificità, nell’ascolto, nel reciproco riconoscimento tra curante e curato, cercando di non vederle solo attraverso la malattia, è l’insegnamento più prezioso dell’approccio palliativo. In tempi di pandemia sanitaria da Covid19, la logica del prendersi cura è stata spesso offuscata da una logica emergenziale e da un linguaggio segnato da parole come guerra, trincea, nemico, vittoria, battaglia. Vorremmo, invece, che al centro del dibattito fosse riportata la cura, come approccio che accompagna la persona fino alla fine del suo percorso, con un’attenzione a chi rimane e al contesto più allargato, offrendo così un’occasione di crescita in umanità per tutti coloro che ne sono coinvolti.”
Guarda il servizio apparso sulla Gazzetta di Reggio.
Leggi l’articolo apparso sul Resto del Carlino Reggio Emilia.