“So che diverse persone oppongono resistenza a un ricovero alla Casa perché lo collegano all’ammissione di una morte prossima. In realtà ognuno ha il proprio percorso di vita e di malattia, i cui tempi non siamo noi a stabilire: poter essere seguiti da personale competente e disponibile è un privilegio sempre. La mia speranza è di poter restare qui perché il senso di protezione che sento mi aiuta ad accettare più serenamente la mia condizione.”
Correva l’anno 2001, 19 marzo 2001 per l’esattezza.
Sulla collina di Montericco si inaugurava una provocazione, che, in quanto tale, aveva, nella sua fase di gestazione, suscitato interesse in molti cittadini e fattiva partecipazione da parte di un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti dell’Associazione Madonna dell’Uliveto e dell’AUSL di Reggio E. Un Hospice a gestione infermieristica che, a partire dal nome – Casa Madonna dell’Uliveto – e dal logo scelto (Madonna della Misericordia di Piero della Francesca) si proponeva di costituirsi come luogo, fisico e simbolico allo stesso tempo, di assistenza e accompagnamento competenti per persone con patologie oncologiche in fase avanzata e i loro familiari. Un luogo dove la sensazione del ‘sentirsi come a casa’ potesse essere prevalente e le cure palliative potessero, con il loro pallium (mantello), abbracciare, sostenere i pazienti nel sollievo dal dolore, nel miglioramento della qualità di vita e nel rispetto della loro dignità, sempre, fino alla fine. Un abbraccio grande, terapeutico anche per i familiari quali persone bisognose di comprensione, ascolto e vicinanza, e parte fondamentale della trama relazionale, psico-emotiva e sociale della persona ammalata.
Negli anni l’approccio palliativo ha rivelato tutta la sua appropriatezza, non solo per persone con patologie oncologiche gravi, ma per tutti quei pazienti con bisogni di Cure Palliative, affetti da malattie cronico-degenerative in fase avanzata. E a queste persone l’equipe della Casa Madonna dell’Uliveto offre assistenza e accompagnamento, in convenzione con l’AUSL-IRCSS di Reggio Emilia, che, oltre a fornire i farmaci, la collaborazione di Medici palliativisti e la Psicologa, sostiene i costi del funzionamento al 65%.
Dopo vent’anni di instancabile lavoro di cura nella fedeltà all’approccio palliativo non abbiamo ‘lezioni da impartire’ o ‘risposte rivelatrici’ da offrire, piuttosto un’esperienza dell’aver cura della persona nella sofferenza, malattia e morte e un pensiero collettivo su di essa che vorremmo condividere, offrirlo ad uno sguardo critico, illuminarlo nei punti per noi generativi, continuare ad interrogarlo nel rapporto con il reale.
E la misura del reale, oggi, si dà nel confronto con la pandemia, un’emergenza sanitaria inedita con le limitazioni che da essa discendono, esigendo un senso di responsabilità nel ripensare al nostro lavoro di professionisti sanitari e dell’assistenza, al nostro modo di stare e comunicare con i pazienti, alla nostra relazione con i caregiver, alle nostre modalità di operare in équipe e in rete. Questa pandemia sarà davvero un’occasione di cambiamento? Crediamo di sì solo nella misura in cui riusciremo a dirci cosa non ha funzionato, cosa è stato possibile mettere in campo, a che cosa ci siamo aggrappati per non essere travolti/e.
Per noi la “boa” è stata la responsabilità etica e professionale di prenderci cura delle vulnerabilità e della fragilità delle persone che la filosofia delle Cure Palliative ci ha consegnato, tenendo al centro la qualità e la dignità della vita sempre.
Ecco perché, pur dovendo venire a patti con pesanti restrizioni, abbiamo messo tutto il nostro impegno nel mantenere le relazioni, la condizione umana nei rapporti e negli affetti, a dimostrazione che non può esserci emergenza che sconfini nel tecnicismo perdendo di vista la missione del “curare la persona”. Ciò non significa essere esenti da frustrazioni, temporanee perdite di senso e di motivazione, paure, disorientamenti che pure abbiamo e ancora oggi stiamo attraversando come équipe.
Significa piuttosto recuperare la filosofia delle cure palliative nella sua essenza, senza autoreferenzialità, in un’ottica di integrazione con tutti i servizi, affinché la collaborazione e l’interprofessionalità portino a valutazioni, percorsi e scelte non semplificanti, in grado di saper stare nella complessità e nell’incertezza, di vederle e di provare a gestirle. Una complessità e un’incertezza che devono tenere ‘dentro’ l’impotenza che si sperimenta davanti alla morte, l’accettazione del limite e il senso di fallimento della biomedicina davanti alla fine della vita.
Ispirate da questo convincimento, vogliamo cogliere l’occasione dei nostri 20 anni per proporre un calendario di appuntamenti, rivolti rispettivamente a operatori/trici e professionisti/e della salute, e cittadini/e, che, avvalendosi di voci autorevoli ed esperte, ci facciano dialogare con il nostro presente per nutrire ancora fiducia in un cambiamento alla nostra portata. La traversata non sarà breve, ma possiamo decidere se vivere questa crisi come opportunità per rigenerare, insieme, linguaggi, paradigmi, pratiche, narrazioni, seminando traiettorie di futuro e possibili speranze.
Via Oliveto, 37
42020 – Montericco di Albinea
Reggio nell’Emilia
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